ASSOCIAZIONE NAZIONALE CARABINIERI
Sezione Cap. F. Gentile - Castelfidardo (AN)

Associazione Nazionale Carabinieri - sez. Cap. F. Gentile - Castelfidardo (AN)

PRESENTAZIONE * STORIA DELL'ARMA DEI CARABINIERI


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I CARABINIERI che oggi vediamo sulle strade, nelle piazze, nell'inferno dell'IRAQ o che sfilano in parata nella 5° strada di New York, sono il risultato di 190 anni di guerre, di momenti eroici e bui, di anni di grande sviluppo e di grandi contrasti nella nostra amata ITALIA.
Dopo la destituzione di Napoleone Bonaparte dal trono imperiale di Francia, nel 1814 si avviò la "Restaurazione", consacrata poi con il congresso di Vienna del 1815, che riportò sui loro scranni le vecchie dinastie sbaragliate dall'occupazione francese. Anche la dinastia Sabauda con Vittorio Emanuele I riprese il suo posto ma, per consolidarlo e conservarlo, aveva la necessità di una istituzione particolarmente affidabile che gli assicurasse il controllo del territorio (come si direbbe oggi), contro le influenze interne (l'onda lunga della rivoluzione francese non era stata ancora smaltita e ci vollero decenni per assimilarne gli ideali di libertà) ed esterne (la potente Austria era un dirimpettaio influente e pericoloso). Si scelse di costituire un corpo militare scelto con compiti di polizia: il Corpo dei Carabinieri Reali. Era il 13 luglio 1814, quando vennero emanate le Regie Patenti, cioè il provvedimento legislativo con il quale si gettavano le basi della nuova istituzione. Basato sul modello della Gendarmeria Francese, il Corpo dei Carabinieri Reali traeva i suoi effettivi dall'Esercito Piemontese, scegliendo quelli che si distinguevano per "saviezza e buona condotta", inoltre dovevano saper leggere e scrivere (una vera elitè per quel tempo). Le Regie Patenti del 1814
La doppia anima di soldato e poliziotto caratterizza ancora oggi il Carabiniere, conservandolo sempre vicino ai cittadini e fedele alle istituzioni. Da allora, la storia dei Carabinieri è stata quella dell'Italia costituenda e costituita. Già dal 1815 i Carabinieri Reali salirono alla ribalta nella carica di Grenoble (nell'ultima campagna militare contro Napoleone). Nel 1822, l'Arma aveva già un suo assetto territoriale ben definito e si dotò della prima edizione del Regolamento Generale; in esso, furono inserite tre caratteristiche che sono rimaste immutate fino ai nostri giorni: i carabinieri, tranne che per il servizio d'ordinanza (cioè trasmissione di dispacci urgenti), devono sempre essere almeno in due; devono considerarsi in servizio perpetuo in qualunque circostanza ed a qualunque ora; devono sempre avere un contegno distinto, urbano, fermo, dignitoso, calmo, ma anche imparziale ed umano. Nel 1834 arriva la prima medaglia d'oro al valor militare, quella del carabiniere G.B. Scapaccino che viene ucciso da una colonna di repubblicani italiani a Les Escelles (Alta Savoia) perchè aveva voluto tenere fede al giuramento al suo Re. Poi, viene il 1848. I Carabinieri combatterono nella I guerra d'Indipendenza e salvarono la vita al Re con un carica a Pastrengo, dove i nostri reparti a cavallo misero in fuga gli Austriaci che stavano avanzando su un lato scoperto dello schieramento piemontese e stavano minacciosamente avvicinandosi al settore dove si trovava Carlo Alberto di Savoia. La guerra si concluse con una sconfitta ma l'accorto Camillo Benso conte di Cavour, capo del governo del dopoguerra, con la partecipazione alla guerra di Crimea riuscì a dare un peso "europeo" al piccolo Regno di Sardegna. Fino alla II guerra d'Indipendenza nel 1859, che aprì i tre anni i cui l'Italia diventò uno stato unitario, i Carabinieri partecipano a tutte le guerre con compiti di scorta, di polizia militare, di intelligence, di prima linea. Contemporaneamente, si occuparono dell'ordine interno del Regno, combatterono contro il banditismo sardo e, quando occorse, arrestarono Garibaldi ..........L'omicidio del carabiniere Giovambattista Scapaccino. Quadro di Francesco Gonin
Dal 1859 al 1861 (attraverso la II guerra d'Indipendenza, le annessioni dei piccoli ducati dell'Italia centro settentrionali, la spedizione dei Mille e la campagna piemontese di occupazione dell'Italia centrale per sbarrare la strada a Garibaldi in cui la battaglia di Castelfidardo fu l'episodio centrale) avvenne l'unificazione fisica dell'Italia (mancavano solo il Veneto ed il Lazio). I Carabinieri con una accorta politica di presa di "posizione sul territorio" inglobarono parte delle esistenti gendarmerie e costituirono una struttura territoriale simile a quella piemontese senza, però, assumere dall'inizio la denominazione di Carabinieri Reali nei nuovi territori. Per evitare l'impressione dell'occupazione straniera coattiva, si costituirono vari corpi di Carabinieri per la Toscana, per la Sicilia ecc, che vennero riunificati solo il 4 maggio 1861, quando l'Armata Sarda divenne Regio Esercito ed il Corpo dei Carabinieri divenne l'Arma dei Carabinieri Reali, la prima Arma dell'Esercito. La carica dei Carabinieri a cavallo a Pastrengo. Olio di Giorgio Olivetti
Il periodo successivo all'unità d'Italia fu tutt'altro che sereno. I Carabinieri furono impegnati duramente alla lotta al banditismo, un fenomento di protesta e rigetto all'unificazione diffuso dalla Toscana alla Sicilia alla Sardegna, passando per tutta la penisola. Se verso la fine del secolo l'emergenza di ordine pubblico potè considerarsi sostanzialmente rientrata, a causa della miopia dei governi liberali rigorosamente "piemontesi", non potè realizzarsi la stessa cosa per la situazione economica e sociale. Il Sud d'Italia accumulò un ritardo e delle difficoltà tali (la cosiddetta Questione Meridionale) da non riuscire ancora oggi a colmarli. Intanto, approfittando di situazioni internazionali favorevoli, l'Italia annesse il Veneto (1866) e Roma con il Lazio (1870), dopo aver ricevuto un'umiliante scacco dall'Austria, nella III guerra d'Indipendenza, ed una fin troppo comoda campagna per la conquista della storica capitale (l'esercito francese che aveva protetto fin allora lo Stato Pontificio era alle prese con l'avanzata dei Prussiani).
Nel 1862 nacque la Banda dell'Arma dei Carabinieri Reali. Dal 1870 venne istituito il reparto dei Carabinieri Guardie del Re (poi, nel 1946, diventati Carabinieri Guardie del Presidente della Repubblica) che ebbero l'esclusivo compito di proteggere la persona del Re. Nacquero i primi giornali che avevano come tema centrale la vita del Carabiniere (1872, "il Carabiniere", 1873, "Il Monitore dei Carabinieri Reali", 1887, "L'Album del Carabiniere Reale"). I Carabinieri in congedo fondarono, il 1° marzo 1886, l'Associazione di Mutuo Soccorso tra i congedati e pensionati dei Carabinieri Reali: l'antenata dell'attuale Associazione Nazionale Carabinieri. Furono anni difficili. L'integrazione italiana fu complessa ed anche all'estero le cose andarono male; vedi le sconfitte militari in Etiopia, a Dogali, nel 1887, e ad Adua, nel 1896. A proposito, fu di questo periodo, del 1872, la prima missione dei Carabinieri all'estero, in Eritrea. A questa, seguirono altre missioni importanti di pace - keeping, come quella di Creta del 1897. La tensione interna nel Paese salì e culminò con l'omicidio del re Umberto I, a Monza, il 29 luglio 1900. Finalmente, il lungo periodo di governo di G. Giolitti riportò serenità e stabilità, oltre che crescita economica, incrinate dalla sciagura del terremoto dello Stretto, nel 1908, quando, per la sua opera di soccorso, l'Arma fu definitivamente appellata "Benemerita", come già aveva fatto l'on. Soldi nel 1864. Chiaffredo Bergia, simbolo della lotta al banditismo
A quell'epoca e per i 50 anni successivi, l'Europa fu un continente turbolento, pieno di contrasti tra le potenze che cercavano di accrescere i loro possedimenti nel vecchio continente e nella vicina Africa. Anche a quel tempo, il settore della penisola Balcanica fu il "pomo d'adamo" o, meglio, la miccia che accese il primo conflitto mondiale. Del resto l'indebolmento dell'Impero Ottomano (ormai in fase di sfaldamento anche a causa della prima spallata italiana della guerra di Libia 1911 - 1912) fece sì che quel settore attirasse appetiti da parte dell'Austria, della Germania, della Russia (anche l'Italia aveva qualche aspirazione anche se con minore evidenza). La Prima Guerra Mondiale fu la risultante delle spinte degli schieramenti contrapposti della Triplice Alleanza (Austria e Germania) e della Triplice Intesa (Inghilterra, Francia e Russia), confrontatisi per circa 20 anni. L'Italia, seppur formalmente schierata con l'Austria e la Germania, era scossa da un fremito di neutralità che vacillò quando l'entrata in guerra venne legata a motivazioni di rivalsa territoriale su territori irredenti. Questa "motivazione", accettata da una grossa parte dell'opinione pubblica, ed allettanti proposte inglesi e francesi, spinsero i governanti a legarsi alle sorti della Triplice Intesa, contro il Paese che occupava i territori italiani: l'Austria. I Corazzieri
L'Arma dei Carabinieri Reali svolse ancora una volta i suoi compiti militari con il plauso che gli valse la medaglia d'Oro al Valor Militare alla Bandiera. L'episodio più eclatante, la carica del reggimento del Carabinieri Reali il 19 luglio 1915 sul monte Podgora, è l'icona dell'assurda ed antiquata tecnica di guerra dell'Esercito e l'immagine dell'Italiano impavido, ostinato, inarrestabile seppur in netta inferiorità (la stessa immagine che scaturirà dalla battaglia di El -Alamein, nell'ottobre - novembre 1942). Purtroppo, contrariamente all'assalto di Pastrengo del 1848, la battaglia non ebbe nessuna importanza strategica o tattica; rimane il fatto che quella posizione (quota 240) rimase inconquistabile per tutta la campagna, ed il reggimento fu decimato. L'Arma dimostrò la sua saldezza, la sua disciplina e la sua affidabilità in special modo dopo la rotta di Caporetto, nell'ottobre 1917. In quel momento di completa confusione delle truppe, di dissoluzione dei reparti, i Carabinieri Reali tennero duro e furono lo strumento che permise allo Stato Maggiore Italiano di riportare la disciplina nell'Esercito (anche attraverso l'applicazione spietata della fucilazione eseguita proprio dalla Polizia Militare: i Carabinieri). In pochi anni l'Esercito aveva fatto passi da giganti ed applicò un principio strategico tipico della guerra di movimento moderna: dopo una rottura del fronte, la successiva linea di difesa va organizzata alcune centinaia di chilometri indietro (lo stesso stratagemma che permise all'Armata Rossa di fiaccare l'invicibile esercito di Hitler). La successiva tenuta del fronte e la robusta controffensiva inflissero un colpo decisivo all'Austria che chiese l'armistizio dopo la battaglia di Vittorio Veneto. L'elmetto coloniale dei Carabinieri
Il dopoguerra fu un momento delicato in cui emersero tutti gli sconvolgimenti sociali e politici di un conflitto così lungo e sanguinoso. Tutto sfociò in una contrapposizione irrazionale e violenta tra la sinistra comunista (che aveva preso coraggio e tentava di emulare l'esempio sovietico del 1917), e la destra fascista, appena nata come contraltare al "Settembre Rosso" del 1920. I partiti moderati e cattolici, seppur in maggioranza assoluta, non seppero gestire la crisi e furono completamente elusi dalla borghesia imprenditoriale che riuscì ad esercitare pressioni fino al Re, per il ristabilimento dell'ordine. Sarebbe bastato un intervento serio, pianificato e professionale, come avevano dimostrato i Carabinieri Reali, (da allora si erano organizzati anche in battaglioni mobili), nel luglio 1921 a Sarzana, contro i fascisti, per disperdere o spegnere i focolai di tumulti. Così si sarebbe potuta risolvere anche quella specie di passeggiata goliardica che fu la famosa marcia su Roma di Mussolini, se il re Vittorio Emanuele III, ritenendo qualsiasi altro governo incapace di ristabilire l'ordine sociale della nazione e forse anche temendo una escalation al potere dei partiti di sinistra (socialisti e comunisti), non avesse affidato l'incarico di costituire un nuovo esecutivo a Benito Mussolini. Certo, il Re ritenne di poter "gestire", almeno entro certi limiti, il nuovo personaggio che aveva radici socialiste e sembrava dare discrete garanzie di democrazia. Purtroppo, la "democrazia" sopravvisse fino all'omicidio di Giacomo Matteotti (anche in questo caso le forze politiche moderate, cattoliche ed anche di sinistra dimostrarono una completa confusione e, addirittura per protesta disertarono il Partamento, con la famosa ritirara dell'Aventino, lasciando campo libero ai fascisti) che fu l'occasione per il depauperamento del Parlamento e l'emanazione delle "Fascistissime", le leggi che diedero potere illimitato al Gran Consiglio del Fascismo (1924). Cartolina di Creta. I Carabinieri in missione di polizia internazionale I Carabinieri Reali non erano amici del fascismo e Mussolini lo sapeva. Avevano giurato fedeltà al Re e da oltre un secolo costituivano un importante interfaccia dello Stato, delle istituzioni presso i cittadini. Mussolini, almeno formalmente, mantenne rispetto per i Carabinieri Reali; ma ne aveva una naturale diffidenza, non tanto come statista, quanto come fascista (solo che egli riteneva e faceva in modo che il partito Fascista fosse l'organismo più importante e potente d'Italia); addirittura costituì la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, una vera e propria polizia politica, e infiltrò suoi adepti all'interno del Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza, per realizzare un valido contraltare all'Arma che aveva il vantaggio della sua fortissima e capillare presenza sul territorio. Curiosamente, proprio in quegli anni avvennero due fatti emblematici: nel 1929 fu composta la nostra marcia stupenda "La Fedelissima"; nel 1933 fu istituzionalizzato il nostro motto "Nei Secoli Fedele", già coniato nel 1914. Questo richiamo reiterato, quasi ossessivo, alla fedeltà, vissuto in quel periodo, fa sorgere spontanea una domanda: fedeli a chi? Fedeli al Re, alla legge, alle istituzioni.I Guerra Mondiale. Fronte Italiano. Un ufficiale dell'Arma ordina l'assalto
Anche il quel periodo, l'Arma combattè le sue battaglie nel controllo del territorio, nella protezione dei cittadini. L'evento più eclatante fu la guerra contro il brigantaggio e la mafia in Sicilia. A fianco del prefetto Mori, dal 1926, i Carabinieri condussero e vinsero una guerra incompiuta, fermata appena in tempo dalla stessa mano che l'aveva armata. Del resto, le collusioni fra mafia e politica sono affar vecchio e, siccome all'epoca la politica la facevano i fascisti ......... . Anche in Sardegna ed in Calabria i successi contro il banditismo furono consistenti. Poi, continuarono le missioni all'estero: nel 1934 una unità del Regio Esercito, completo di un battaglione di Carabinieri, effettuò una operazione di polizia internazionale a fianco di reparti inglesi. I Carabinieri si distinsero per quanto realizzato, riscuotendo il plauso del comandante del contingente internazionale, l'inglese generale Brind. Nel 1936 viene coniato il nostro stemma araldico con le caratteristiche che sono rimaste immutare fino ad oggi.
La Banda dell'Arma Dopo aver consolidato il suo potere all'interno dell'Italia, Mussolini esternò la sua politica espansionistica del "posto al sole" che ebbe il suo emulo nello "spazio vitale" di Hitler. Stimolando lo spirito di rivalsa e di vendetta che gli italiani naturalmente nutrivano contro l'Abissinia, a seguito della sconfitta di Adua (1896), nel 1935 organizzò ed avviò la campagna per la sua conquista ed annessione all'Impero e nel 1936 costituiva l'A.O.I., l'Africa Orientale Italiana (Eritrea, Abissinia e Somalia italiana), contro tutte le sanzioni della Società delle Nazioni. Dal 1936 al 1939, il Regime appoggiò i franchisti nella lotta contro la repubblica socialista, inviando, non ufficialmente, uomini e mezzi in quantità e qualità così rilevanti da inficiare la sua capacità di entrata in guerra, nel 1939. Poi, nel 1939 ci fu l'occupazione e l'annessione dell'Albania all'Impero, senza colpo ferire. Nel corso di tutte queste operazioni, i Carabinieri Reali furono parte attiva sia nella fase della conquista, sia nella fase successiva del consolidamento. Infatti, così come avvenne in Libia, a Rodi e nel Dodecanneso nel 1912, i Carabinieri costituirono le loro strutture territoriali in Abissinia ed in Albania subito dopo le rispettive occupazioni. In questo teatro di "conquista ed annessione" è il caso di evidenziare il sacrificio di molti Carabinieri nella seconda battaglia dell'Ogaden, nell'aprile 1936, un'operazione chiave per l'indebolimento della resistenza militare abissina
Da un punto di vista di politica internazionale, le avances italiane arrecavano qualche affanno alle diplomazie inglesi e francesi che, però, avevano un problema molto più grosso: la Germania di Hitler che in 5 anni aveva rioccupato la Saar (1933) e l'Austria (1936 con il benestare dell'Italia dopo il patto Roma - Berlino). Le pressioni di Hitler per lo Il Vice brigadiere M.A.V.M. Romolo Del Mirani contro i rivoltosi ad Ancona nel 1920 "spazio vitale" portarono al congresso di Monaco da dove Mussolini uscì come il conservatore della pace in Europa, perchè era riuscito a comporre temporaneamente il contrasto, ottenendo che l'Inghilterra e la Francia tollerassero l'occupazione tedesca dei Sudeti ed il protettorato su Boemia e Slovacchia. L'occupazione di quei territori avvenne con regolarità germanica nell'aprile 1939. Con lo stesso tempismo arrivò anche l'altra rivendicazione: la Polonia. Hitler ritenne un bluff l'opposizione ferma e decisa di Francia ed Inghilterra e decise di occupare la Polonia: la II Guerra Mondiale cominciò il giorno 1 settembre 1939. L'Italia non era pronta nè militarmente, nè spiritualmente alla guerra e non vi entrò prima del 10 giugno 1940. Il nostro popolo non capiva il senso di entrare in quel conflitto; così come molti non erano felici del Patto d'Acciaio (Italia - Germania) e del Patto Tripartito (Germania - Italia - Giappone). Mussolini, però, ritenendo che la Francia e l'Inghilterra fossero sull'orlo della sconfitta, non voleva mancare di sedere da vincitore sul tavolo della pace e "si agganciò al traino del carro vincitore" (la Germania di Hitler) entrando, in guerra contro una Francia agonizzante, senza conseguire alcun risultato di rilievo. Simultaneamente, il Duce allargò il conflitto contro l'Inghilterra, varcando la frontiera libico - egiziana ed occupando la Somalia Inglese. Il seguito della guerra è ben noto a tutti. L'Italia era un Paese segnato da anni di autarchia e sanzioni economiche da parte della Società delle Nazioni, che aveva svuotato i suoi arsenali per mostrare i muscoli nella conquista dell'Abissinia e nella Guerra Civile Spagnola. Aveva delle forze armate assolutamente non equipaggiate per sostenere una grande guerra di movimento (si andava dalle scarpe di cartone ai carri armati "scatole di sardina"), non c'era una piattaforma economica capace di sovvenzionarla, non c'era una strategia pianificata capace di guidarla. Insomma, la potenza militare italiana era solo fumo negli occhi dei nemici e del popolo italiano. Il fumo si diradò presto e le gravi deficienze vennero alla luce. Come tutti i nostri avversari ebbero modo di constatare, l'unica cosa che si salvava era il nostro popolo in divisa: coraggioso, tenace, benevolo con le popolazioni occupate.
I Carabinieri, come al solito, entrarono in questa fornace con personale addetto ai servizi di polizia militare, di informazione, di scorta, con reparti da combattimento ed ovunque diedero il loro contributo importante: in Africa Orientale, in Africa Settentrionale, nei Balcani, in Grecia, in Russia. Il 21 novembre 1941, a Culqualber, in Abissinia, il I Gruppo Mobilitato Carabinieri si immolò quasi interamente, senza munizioni, senza rifornimenti da mesi, per difendere gli ultimi lembi di terra dell'A.O.I., davanti agli Inglesi che gli tributarono l'onore delle armi.La battaglia di Culqualber. Acrilico di Lorenzo Nistri
Le sorti del regime fascista precipitarono quando gli Alleati sbarcarono in Sicilia, nel luglio 1943. Il 19 luglio Roma fu sottoposta ad un violento bombardamento che provocò quasi 2000 morti. Mussolini che aveva voluto l'Italia in guerra anche per poter vantare un suo successo personale, dimostrando che aveva trasformato un popolo operoso e pacifico in un popolo guerriero, era impotente davanti a questi disastri. In una turbolenta seduta del Gran Consiglio del Fascismo, tra il 24 ed il 25 luglio 1943, Benito Mussolini fu messo in minoranza e costretto a presentare le dimissioni al Re. Sicuro di riavere immediatamente la piena fiducia del Sovrano, il 25 luglio Mussolini chiese ed ottene udienza da Vittorio Emanuele III. La cortesia piemontese del Re si risolse in un "per il momento non abbiamo bisogno di lei". Fuori dal Quirinale, i Carabinieri stavano aspettavando il Duce del Fascismo. Lo arrestarono e lo tradussero nell'albergo di Campo Imperatore, il suo luogo di custodia. La parte più difficile per gli Italiani doveva ancora venire. L'8 settembre 1943 fu dato l'annuncio dell'armistizio con gli Alleati. Il Re ed il suo seguito si era già allontanato da Roma, temendo gravi ritorsioni da parte dei Tedeschi. Le Forze Armate Italiane, completamente ignare di ogni iniziativa del genere, furono lasciate a se stesse: non furono preventivamente preparate e non furono date disposizioni precise sull'atteggiamento da tenere nei confronti dei Nazisti. In particolare, l'Esercito andò allo sbando. Alcuni reparti rifiutarono di consegnarsi agli ex alleati. A Cefalonia la divisione Acqui fu quasi annientata. A Roma, le sei divisioni che dovevano difendere la città dai Nazisti, secondo le intenzioni di Badoglio, si dissolsero quasi completamente. Solo a Porta San Paolo i Carabinieri del battaglione allievi insieme ai Granatieri difese le posizioni. I Carabinieri capirono immediatamente da quale parte stare: innanzi tutto dalla parte del popolo italiano. Fu questo il sentimento che, in quei giorni disgraziati, mosse il Vice Brigadiere Salvo D'Acquisto ad immolarsi per salvare dalla fucilazione nazista 22 persone innocenti. Molti Carabinieri si diedero alla macchia e divennero comandanti e gregari fondamentali della Resistenza Italiana. Anche i Carabinieri di Fiesole, Marandola, La Rocca e Sbarretti dietro la veste istituzionale erano partigiani. Alla notizia che 10 persone sarebbero morte per la loro attività antinazista, essi si presentarono ai Nazisti ed immolaronoFronte greco-albanese. 17 febbraio 1941. Il brigadiere Natale Laguzzi e il carabiniere Vincenzo Sulas soccorrono quattro soldati feriti in prima linea la loro vita alla fucilazione, pur di salvare quella degli altri. Dopo la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso, nell'Italia ancora occupata dai nazisti fu istituita la Repubblica Sociale Italia, con sede a Salo', sul lago di Garda. Mussolini era il capo di questa Repubblica che era retta dalle truppe di occupazione naziste. Quindi la penisola era divisa in due, perchè da sud risaliva il fronte di guerra. La rete territoriale dell'Arma nella Repubblica di Salò tenne le posizioni ma dimostrò sempre diffidenza, distacco, resistenza passiva ai repubblichini ed ai nazisti. In molti casi, la struttura divenne copertura di attività della resistenza.
Questa presa di posizione dell'Arma, dal nord al sud della penisola, ebbe una grande valenza nell'ambito della lotta partigiana, seppur sia stata spesso dimenticata in mezzo alle polemiche politiche che ancora oggi scaturiscono dall'esame di quegli anni.
La guerra in Italia finì il 25 aprile 1945, con l'occupazione di Milano ed il resto dell'Italia settentrionale. Mussolini fu arrestato dai partigiani e fucilato a Dongo, nei pressi di Como.
Toccato il fondo, bisognava iniziare la rinascita. Il Paese era distrutto fisicamente e nelle coscienze. La Monarchia era invisa per aver abbandonato l'Italia nel momento più difficile. Il fenomeno fascista era un fardello durissimo da smaltire, anche per la resistenza, fino all'ultima ora, dei repubblichini. Le Sinistre reclamavano una parte di primo piano, per la lotta partigiana sostenuta e si temeva di cadere sotto la sfera di influenza Sovietica (durante la conferenza di Yalta, nel 1945, gli Alleati definirono le zone di influenza politica per il dopoguerra. Le aree degli Anglo-Franco-Statunitensi e dei Sovietici, nel corso della Guerra Fredda, divennero rispettivamente il Patto Atlantico ed il Patto di Varsavia. L'Italia ricadde nella sfera di influenza inglese). Insomma, c'era bisogno di una pacificazione nazionale che fu possibile grazie alla lungimiranza dei leader politici di tutti i partiti che nel 1945 si insediarono nel primo governo dell'Italia Liberata, con a capo Alcide De Gasperi. Il carabiniere Giuseppe Cannata durante l'eroica resistenza a Monterotondo (Roma) contro i nazisti Per far comprendere quale clima si respirasse in quel periodo basta annotare che nel 1946 i Carabinieri morti e feriti in servizio furono rispettivamente 101 e 757. Quello che sta succendendo in Iraq oggi è qualcosa di simile a quello che accadde tra il 1945 e 1947 in Italia; le armi in circolazione, del resto, erano tantissime. I Carabinieri si riorganizzarono e fecero fronte alle nuove emergenze e necessità. Rinforzarono la struttura territoriale e quella mobile (i battaglioni mobili, sciolti nel 1923, furono ricostituiti con una forza totale di oltre 9.000 uomini) con una motorizzazione massiva. C'era qualcuno che ventilava lo scioglimento dell'Arma, con l'accusa di essere un'istituzione filomonarchica, dopo che Mario Roatta (ex capo del SIM di Mussolini e mandante dell'omicidio dei fratelli Rosselli) era fuggito dall'ospedale militare dove era ricoverato e piantonato. Il Comandante Generale Brunetto Brunetti, qualche giorno prima del referendum del 2 giugno espresse pubblicamente la posizione dei Carabinieri: "figli del popolo al servizio del popolo". Il 2 giugno 1946 l'Italia scelse la sua nuova forma di Stato: la Repubblica Italiana. Il re Umberto II, succeduto a Vittorio Emanuele III, il giorno 13 giugno lasciò il Paese per l'esilio. L'Arma dei Carabinieri divenne la prima Arma dell'Esercito Italiano.
Come è comprensibile in questi frangenti di estrema fluidità e precarietà politica, il Governo riformò la Pubblica Sicurezza triplicandone praticamente gli organici (dovette raccogliere gli appartenenti alla Polizia dell'Africa Italiana e parte degli appartenenti alla repubblichina Guardia Nazionale Repubblicana) e costituendo una forza di polizia a competenza generale di dimensioni quasi pari all'Arma. I motivi di tale atto, mai codificati, sono facilmente intuibili: l'esigenza di spezzettare il potere per evitare pericolosi monopoli; l'esigenza di "collocare" personale già formato e inquadrato in istituzioni obsolete. Del resto molti paesi europei hanno situazioni con due forze di polizia, per esempio: la Francia e la Spagna.I Carabinieri entrano a Roma subito dopo la liberazione
L'8 dicembre 1949 Sua Santità Pio XII, accogliendo l'istanza di S.E. Mons. Carlo Alberto di Cavallerleone, proclamava ufficialmente Maria "Virgo Fidelis Patrona dei Carabinieri", fissando la celebrazione della festa il 21 novembre, in concomitanza della presentazione di Maria Vergine al Tempio e della ricorrenza della battaglia di Culqualber.
Nell'assolvimento dei suoi compiti di polizia, l'Arma dei Carabinieri continuò ad affrontare i problemi del quotidiano e le varie emergenze che man mano attanagliavano il Paese. La prima di queste situazioni scottanti fu il separatismo siciliano che scelse come suo simbolo il bandito Salvatore Giuliano. In quella vicenda c'erano implicazioni del banditismo, della mafia e del movimento secessionista in senso stretto. La strage di Portella delle Ginestre, 1 maggio 1947, fu il più cruento degli atti di questo bandito; ma furono innumerevoli i Carabinieri uccisi da ripetuti e proditori attacchi contro le nostre caserme e contro le nostre pattuglie. Solo nel 1949, dopo quattro anni di sangue, il nuovo governo De Gasperi prese di petto il problema e fece istituire una unità per debellare il fenomeno. Il Corpo Forze Repressione Banditismo (così si chiamava questa unità interforze tra Carabinieri e Pubblica Sicurezza) era comandato dal colonnello Ugo Luca e in meno di un anno inflisse decisivi colpi alla banda Giuliano. Purtroppo, Giuliano fu ucciso nel 1950 dal cugino, Gaspare Pisciotta, che aveva ricevuto mandato da importanti politici siciliani e dalla mafia.I soccorsi durante l'alluvione del Polesine
Gli ultimi 60 anni hanno visto l'Arma impegnati su 5 fronti:
  • la lotta alla criminalità comune (oggi chiamata criminalità diffusa) e l'impiego nelle altre attività di istituto;
  • l'impegno nelle numerose catastrofi naturali che hanno mietuto migliaia di vittime, come l'alluvione del Polesine (1951), quella del Piemonte (1994), le frane del Vajont (1963), della Valtellina (1992), di Sarno (1999), i terremoti del Belice (1968), del Friuli (1968), dell'Irpinia (1980), dell'Umbria (1997), del Molise (2002), in cui il contributo dell'Arma è stato fondamentale (sia quando la Protezione Civile esisteva, sia quando ha cominciato ad esistere);
  • l'impegno più pericoloso e gravoso: quello di affrontare i gravi e vari fenomeni criminali che hanno interessato il nostro Paese e a volte ne ha minacciato la democrazia. Sono stati il terrorismo nell'Alto - Adige degli anni '60, il terrorismo eversivo degli anni '70 ed '80, la Mafia Siciliana, la Camorra Napoletana e la 'Ndrangheta Calabrese degli anni '80 e '90 (collegati ad altri fenomeni criminali in Puglia (Sacra Corona Unita), a Roma (Banda della Magliana), e a frange dei quelle stesse organizzazioni diffuse nel nord e nel centro Italia), il terrorismo internazionale negli ultimi anni '90 e negli anni iniziali di questo nuovo secolo. In questa lotta, l'Arma ha profuso un impegno immenso, ha costituito reparti appositamente dedicati (dal Nucleo Antiterrorismo dei Carabinieri (fondato nel 1974) al Raggruppamento Operativo Speciale (fondato nel 1990), ha subito attentati sanguinosi contro le caserme, ha lasciato uomini sul campo ma è stata sempre determinante. Ha arrestato i capi delle Brigate Rosse (R. Curcio e A. Franceschini), ha arrestato il capo della Nuova Camorra Organizzata (R. Tutolo) ed il capo di Cosa Nostra (T. Riina). In questo quadro, vale la pena di citare un personaggio che è stato simbolo della lotta all'eversione ed alla criminalità mafiosa: il gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla cupola mafiosa nel 1982 a Palermo, dove era stato nominato Prefetto della Repubblica. Fu lui ad ottenere il pentimento e la collaborazione di P. Peci, terrorista delle Brigate Rosse, che accelerò in maniera determinante l'attività di contrasto all'eversione rossa ed aprì una strada investigativa (adeguatamente codificata) che sarà applicata anche alla lotta alla mafia, con decisivi risultati. Fu sull'onda emotiva del suo clamoroso omicidio (avvenuto appena 100 giorni dopo il suo arrivo a Palermo in veste di Prefetto) che venne approvata la legge Rognoni - La Torre (da tempo ristagnante in Parlamento) che, con l'introduzione dell'art. 416 bis al Codice Penale (l'art. 416 bis delinea giuridicamente e punisce le organizzazioni di stampo mafioso), fu strumento fondamentale in mano al Pool Antimafia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dal 1982 al 1992;
  • il contrasto alle nuove frontiere criminali contro l'ambiente, la salute, la cultura, i contributi economici europei. A tal uopo, l'Arma ha costituito appositi reparti specializzati, con grandi risultati;
  • l'impegno in missioni all'estero, con funzioni di polizia internazionale e peace-keeping, anche nell'ambito di mandati O.N.U. o N.A.T.O. L'Arma è l'istituzione militare che più è stata impiegata ed è partita sempre per prima. A partire dal 1982 in Libano, gli incarichi sono stati in Somalia, in Bosnia, in Kosovo, in Cambogia, a Timor Est, in Mozambico, in Afganistan, in Iraq. Il Carosello Storico dei Carabinieri a cavallo L'ultimo anno del II millennio, l'anno 2000, ha serbato per l'Arma delle grandi novità. E' stata elevata a rango di Forza Armata, ormai distinta dall'Esercito Italiano, è stato operato il primo arruolamento di personale femminile, ed è stata introdotta la possibilità di impiegare un carabiniere isolato nei servizi di prevenzione (il sistema esclusivamente "binario" vigeva dal 1822).
    In conclusione, il pensiero va inevitabilmente a Nassirija, in Iraq. Nel maggio 2004, era iniziata l'operazione Antica Babilonia e l'Italia aveva inviato per primi i Carabinieri in Iraq. L'area di operazioni di peace-keeping era individuata in Nassirija e nella sua regione. Il dispiegamento delle forze armate italiane veniva completato e venivano individuate due basi: una alla periferia della città, l'altra al centro della città, presidiata solo da Carabinieri. Anche lì, come nella nostra terra, il Carabiniere aveva la vocazione, del dialogo, del contatto con la gente, e per fare fede a questa scelta, aveva stabilito un presidio al centro della città. Il 12 novembre 2003, alle ore 9.30, un furgone imbottito di esplosivo si lascia contro la base dei Carabinieri e si lascia esplodere. La base viene dilaniata e perdono la vita 12 carabinieri, insieme a 5 militari dell'Esercito ed a due civili italiani. La barbarie del terrorismo internazionale ha colpito un presidio istituito per portare la pace e la ricostruzione nell'Iraq.


    Testi a cura di Enrico Domenico Grossi. Immagini tratte dal sito internet www.carabinieri.it.
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